sabato 28 marzo 2015

Caso L'Aquila, i terremotati dovranno ridare i soldi alla Protezione Civile: lo Stato rivuole 7,8 milioni di euro


Gabrielli chiede la restituzione della provvisionale versata alle famiglie delle vittime dopo la condanna di primo grado


 








Una beffa per le parti civili del processo, il cui primo severo verdetto è stato ribaltato in Appello con l’assoluzione di sei esperti e la sola condanna, rideterminata, di Bernardo De Bernardinis, all’epoca numero due della Protezione civile. La sentenza della Corte d’Appello, accolta dai familiari delle vittime, al grido di «vergogna, li avete ammazzati un’altra volta», è il fondamento della richiesta inviata alle parti civili, che avevano incassato complessivamente 7,8 milioni di euro, disposti dal giudice Marco Billi come risarcimento immediatamente esecutivo.

LA DIFFIDA
La famiglia Fioravanti, rappresentata dall’avvocato Fabio Alessandroni, è tra le prime ad avere ricevuto la «richiesta restituzione somme». «Si invita e si diffida - si legge nell’atto - alla restituzione delle somme percepite e a corrispondere senza indugio e, comunque entro 30 giorni dal ricevimento della presente, alla presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento della Protezione civile, l’importo di 203 mila euro, oltre le spese legali 1.573 euro e 2 mila euro di interessi» calcolati dal momento della sentenza di primo grado fino al 28 febbraio 2015.

LE ISTRUZIONI
L’atto chiude con le istruzioni di pagamento e con le indicazioni della causale: «Restituzione della provvisionale liquidata» e con il numero di fax «al fine di comprovare l’avvenuto pagamento» da «trasmettere immediatamente allo scrivente» utilizzando in caso anche la posta certificata. Sul fronte del risarcimento del danno, le parti civili si sono mosse in modo differente dopo la sentenza del tribunale dell’Aquila. C’è chi non ha atteso per avviare l’istanza in sede civile e c’è chi ha deciso di aspettare la conclusione dell’iter giudiziario penale. La sentenza di primo grado aveva previsto provvisionali per i familiari delle vittime, da liquidare entro 90 giorni, suddivisi in due liste distinte di parti civili. Lo Stato non ha voluto attendere la decisione della Cassazione, alla quale è stato presentato il ricorso contro il verdetto della Corte d’Appello, preferendo “battere cassa” da subito e a pochi giorni dalla commemorazione delle 309 vittime.

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